Morire in barca per asfissia

Morire in barca per asfissia

Spalato (Croazia) – A metà agosto Eugenio Vinci, manager siciliano di Sant’Agata di Militello, è stato trovato morto in uno dei bagni del caicco che aveva noleggiato con degli amici in Croazia per una vacanza di una settimana; i suoi due figli di 3 e 11 anni sono ancora ricoverati per le conseguenze dell’ avvelenamento da monossido di carbonio e hanno rischiato la vita.

La morte di Vinci è da attribuirsi ai gas di scarico di un generatore montato dai due proprietari della barca, padre e figlio, in modo artigianale.

Un paio di mesi prima, a rischiare di morire, una coppia di tedeschi che durante un viaggio in barca a vela a Kiev, in Russia, è stata vittima di un avvelenamento causato dai gas di scarico dell’impianto di riscaldamento.

Purtroppo casi di questo tipo non sono rari quando si fanno le vacanze in paesi dove i controlli sulla sicurezza delle barche sono blandi o assenti.

Spesso in molte mete turistiche che oggi vanno per la maggiore, anche se le cose sembrano bene organizzate, non ci sono sufficienti controlli o regole sulla sicurezza e controlli e basta il primo armatore che vuole fare un po’ di soldi in più o, in buona fede, vuole offrire qualche comodità in più al suo cliente e si rischia di morire.

La barca è il luogo ideale per amplificare gli effetti del malfunzionamento di un qualsiasi apparato che funzioni a combustibile solido.

Le cabine strette, la circolazione d’aria tra tutti i locali che permette ai gas che si sprigionano in sala macchina di raggiungere facilmente le cabine, sono le condizioni ideali per le quali anche una piccola fuoriuscita di gas può diventare fatale.

Per difendersi bisogna evitare di rivolgersi ai privati, si scelgano sempre barche di flotte grandi e conosciute che gestiscono decine di imbarchi a stagione.

In alcuni casi risparmiare, come si fa se si sceglie di noleggiare con un privato o con le società più piccole che hanno due o tre barche, può essere pericoloso.